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L'ASL è tenuta al risarcimento del danno conseguente ad un errato intervento ortopedico all'arto.

La esimente penale non elide l'illecito civile e che resta fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c., che è clausola generale del neminem laedere, sia nel diritto positivo, sia con riguardo ai diritti umani inviolabili quale è la salute.

Tribunale di Brindisi – Sezione civile unica, dott. Cosimo Almiento – Sentenza n. 431 del 5 marzo 2014.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice Unico del Tribunale di Brindisi, Sezione Civile, dott. Cosimo Almiento ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile n.730/11 RG., passata in decisione all'udienza del 5.7.2013,

tra

L.T.C., attore,

e

ASL BR - AZIENDA SANITARIA LOCALE DI BRINDISI, 

OGGETTO: Risarcimento del danno.

CONCLUSIONI PER L'ATTORE: Dichiarare la responsabilità dell' Azienda Sanitaria Locale BR/l e del Presidio Ospedaliero di Francavilla Fontana per i danni subiti da esso attore a causa del negligente, imprudente e imperito trattamento sanitario delle lesioni, condannando l'Azienda Sanitaria al risarcimento dei danni nella misura da determinarsi in corso di causa, oltre interessi e rivalutazione, con detrazione dell'acconto di euro diecimila versato dalla Cattolica Assicurazioni. Con vittoria di spese e compensi, da distrarsi in favore del procuratore antistatario.

CONCLUSIONI PER L'AZIENDA SANITARIA LOCALE DI BRINDISI: Rigettare la domanda attorea, con vittoria di spese e compensi.

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO

Con atto di citazione notificato il 18.3.2011 L.T.C. citava in giudizio l'Azienda Sanitaria Locale BR/l, esponendo che in data 17.12.2007, durante una partita di tennis, in conseguenza di una caduta accidentale aveva riportato "trauma contusivo alla spalla e al braccio dx, con frattura scomposta esposta omero dx"; che era stato ricoverato presso il presidio ospedaliero unico - Divisione di Ortopedia, di Francavilla Fontana, e che, a causa dell'improprio, inadeguato trattamento cui era stato sottoposto presso detto nosocomio, aveva riportato postumi permanenti, consistenti in una limitazione funzionale dell'arto superiore, ed era stato costretto a rivolgersi ad una struttura specialistica di Bologna, con notevoli costi anche per viaggi, per cui chiedeva il risarcimento dei danni patiti a causa dell'evento descritto.

Tanto premesso chiedeva che fossero accolte le conclusioni di cui in epigrafe.

Si costituiva in giudizio l'Azienda Sanitaria Locale di Brindisi, esponendo:

che l'attore non aveva allegato quale fosse stato l'inadempimento o la condotta colposa dei sanitari, che i sanitari dell'Ospedale di Francavilla Fontana avevano apprestato, con la dovuta diligenza, tutte le cure che il caso richiedeva;

che dopo il 21.4.2008 l'attore non si era mai recato per un controllo presso il presidio ospedaliero di Francavilla Fontana;

che incombeva all'attore la prova del nesso di causalità tra l'attività svolta dall'Azienda Sanitaria ed i danni lamentati;

che si contestava comunque anche il quantum debeatur, richiesto in misura sproporzionata.

Tanto premesso chiedeva che fossero accolte le conclusioni di cui in epigrafe.

In corso di causa veniva espletata consulenza medico legale.

All'udienza del 5.7.2013 la causa è stata introitata a sentenza sulle conclusioni di cui in epigrafe.

MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda dell' attore è fondata e merita accoglimento nei limiti che saranno indicati.

Va premesso che nei giudizi di risarcimento del danno causato da attività medica, l'attore ha l'onere di allegare e di provare l'esistenza del rapporto di cura, il danno ed il nesso causale, mentre ha l'onere di allegare, ma non di provare, la colpa del medico; quest'ultimo, invece, ha l'onere di provare che l'eventuale insuccesso dell'intervento, rispetto a quanto concordato o ragionevolmente attendibile, è dipeso da causa a sé non imputabile.

Pertanto, è il danneggiato che agisce per l'affermazione della responsabilità del medico che ha l'onere di provare la sussistenza di un valido nesso causale tra fatto del sanitario e danno; solo fornita tale prova in merito al nesso di causalità, è onere del medico, ai sensi dell'art. 1218 c.c., dimostrare la scusabilità della propria condotta (Cass. n. 18341/13, n. 17143/12).

Orbene, il c.t.u. officiato in corso di causa ha stabilito che a causa delle lesioni indicate in parte motiva, l'attore fu ricoverato presso il reparto di ortopedia dell'Ospedale di Francavilla Fontana e sottoposto a riduzione e sintesi con due chiodi di Galluccio e che, nonostante i diversi interventi terapeutici praticati nel tempo, l'evoluzione della frattura fu sfavorevole per il realizzarsi di una pseudoartrosi (mancata consolidazione), la quale richiese un nuovo e definitivo intervento nel 2008 in Bologna.

Ha anche accertato che l'intervento con chiodi di Galluccio fu inadeguato e scorretto rispetto alle esigenze cliniche del caso, che esso non ebbe successo, dato che, come risultava dai radiogrammi, dopo l'intervento i monconi di frattura non erano posti in asse, ma deviati in valgo e ampiamente diastasati (lontani tra loro), per cui il paziente avrebbe dovuto essere subito sottoposto a revisione chirurgica e non a dimissione.

Ha poi riscontrato che residua un accorciamento relativo del braccio destro di circa un centimetro, supinazione limitata di 1/2, flessione limitata per circa 30°, estensione limitata per 10-20°.

Ha escluso la rilevanza dei postumi ai fini della capacità lavorativa specifica (militare della Marina Militare) dell'attore e affermato che la vita di relazione potrebbe patirne specie in rapporto all'attività di tennista dilettante del L.T.

Ha concluso nel senso che il maggior danno residuato all'attore rispetto a quello che sarebbe derivato ove la frattura fosse stata correttamente trattata è quantificabile nella misura del 6%, e che la maggiore durata della malattia è stata di giorni 180, di cui 90 di invalidità totale e i seguenti di invalidità parziale al 50%.

Osserva il giudicante che le considerazioni espresse dal c.t.u. escludono qualsiasi concorso dell'attore nella causazione dei postumi e denotano anche il nesso di causalità tra la condotta dei sanitari, che avevano il dovere di reintervenire dopo l'insuccesso dell'intervento chirurgico, e i postumi poi verificatisi.

Nessuna prova liberatoria ha invece fornito la ASL circa il fatto che l'insuccesso dell'intervento sia dipeso da causa a sé non imputabile.

Le conclusioni del c.t.u., che non sono state oggetto di rilievi critici da parte dei consulenti di parte, vanno pertanto interamente condivise.

Va quindi osservato, in generale, che nel caso di specie nessuna influenza spiega il d.l. 13 settembre 2012 n. 158, art. 3 comma 1, conv. dalla l. 8 novembre 2012 n. 189, il quale esclude la responsabilità medica in sede penale, se l'esercente dell'attività sanitaria si attiene a linee-guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica.

La stessa norma prevede che in tali casi, la esimente penale non elide l'illecito civile e che resta fermo l'obbligo di cui all'art. 2043 c.c., che è clausola generale del neminem laedere, sia nel diritto positivo, sia con riguardo ai diritti umani inviolabili quale è la salute.

La novella contenuta nella l. n. 189 del 2012 dunque si limita a indicare una particolare evoluzione del diritto penale vivente, col fine di agevolare l'utile esercizio dell'arte medica, evitando il pericolo di pretestuose azioni penali, senza modificare tuttavia la materia della responsabilità civile che segue le sue regole consolidate, non solo per la responsabilità aquiliana del medico, ma anche per la cosiddetta "responsabilità contrattuale" del medico e della struttura sanitaria, da contatto sociale (Cass. 4030/13).

Va anche aggiunto che le tabelle di cui al d. l. n. 158/12 non sono applicabili al caso di specie, dato che il legislatore non ha previsto in alcun modo la efficacia retroattiva delle disposizioni civili di tale disposizione.

Venendo alla liquidazione del danno, è noto che la Cassazione a Sez. Unite (sentenza n. 26972/2008) ha tra l'altro affermato che, nell'ambito del danno non patrimoniale, il riferimento a determinati tipi di pregiudizi, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno.

E' compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione.

Inoltre, più di recente, la S.c. ha stabilito che nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c. deve garantire non solo una adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti Uffici giudiziari.

Garantisce tale uniformità di trattamento il riferimento al criterio di liquidazione predisposto dal tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul territorio nazionale - e al quale la S.C., in applicazione dell'art. 3 cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli art. 1226 e 2056 c.c. - salvo che non sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono (Cass. 07/06/2011, n. 12408, n. 17879/11).

E' anche noto che le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano a partire dal 2009, propongono la liquidazione congiunta dei pregiudizi in passato liquidati a titolo di danno biologico standard, personalizzazione del danno biologico, danno morale (Cass. n. 18641/11).

Ciò posto, l'attore ha certamente subito il danno biologico e cioè quello derivante da illecito lesivo dell'integrità psico-fisica della persona, che, quale evento interno al fatto lesivo della salute, necessariamente esiste in presenza delle indicate lesioni, e che prescinde dal danno correlato alla capacità di produzione del reddito.

Ai fini del risarcimento, il danno biologico deve essere considerato "in relazione all'integralità dei suoi riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella vita propria vita; non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera relazionale, culturale, affettiva, sociale, sportiva, e a ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana".

Va quindi osservato che la natura delle lesioni riportate dall'attore, il quale ha anche subito dei ricoveri ospedalieri in correlazione con l'evento, comprovano anche le sofferenze di tipo morale o soggettivo.

All'attore competono, secondo le tabelle indicate dell'anno 2013, le seguenti somme:

Risarcimento danno micropermenti: € 10.244,00

Risarcimento per 90 giorni di invalidità assoluta, ad euro 96,00 al dì: 8.640,00

Risarcimento per 90 giorni di invalidità parziale al 50%: € 4.320,00.

Totale euro 23.204.00 (meno euro 10.000,00 già percepite), euro 13.204.000.

Detto importo, essendo all'attualità, va maggiorato di interessi e rivalutazione, secondo i principi espressi già da Cass. n. 1712/95, dalla pubblicazione della sentenza al saldo.

Non compete invece il danno esistenziale, sia perché esso non costituisce, secondo l'indirizzo assolutamente maggioritario, una categoria autonoma, sia perché, in ogni caso, pur tenendo conto dell'influenza dei postumi sull'attività di tenni sta dilettante praticata dall'attore, non si è in presenza di un apprezzabile peggioramento della complessiva qualità di vita del danneggiato e quindi di un pregiudizio non ristorato dall'attribuzione delle somme indicate.

Neppure la richiesta dell'attore di aumento dell'importo tabellare di cui sopra può essere accolta in quanto i postumi residuati sono relativamente modesti e non risultano specifiche particolarità che si discostino in modo apprezzabile da quelle ordinariamente conseguenti ad eventi di tipo traumatico.

Compete invece il rimborso delle spese mediche documentate per euro 1.244,71, mentre quelle per viaggi a Bologna e Cellino San Marco sono sfornite di riscontro probatorio, né ricorrono elementi per procedere ad una liquidazione equitativa.

Non compete il rimborso delle spese della consulenza medica di parte, in quanto superflua ai fini della decisione.

Le spese, ivi comprese quelle della c.t.u. espletata in corso causa, e i compensi, liquidati come in dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione in favore del procuratore anti statario.

P.Q.M.

Il Giudice Unico del Tribunale di Brindisi, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta da L.T.C. contro l'Azienda Sanitaria Locale di Brindisi, la accoglie per quanto di ragione e, per l'effetto, così provvede:

condanna l'Azienda Sanitaria Locale di Brindisi al pagamento in favore del L.T. della somma complessiva di euro 14.448,71, oltre interessi e rivalutazione dalla pubblicazione della sentenza al saldo;

condanna l'Azienda Sanitaria Locale di Brindisi al pagamento in favore del L.T. delle spese e dei compensi del giudizio liquidati in euro 2.380,00, di cui 380,00 per spese, euro 2.000,00 per compensi difensivi, oltre IVA, CAP, oltre che delle spese della c.t.u. liquidata come da decreto in atti, con distrazione.

dott. Cosimo Almiento

Così deciso in Brindisi, il 20.12.2013.