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La struttura ospedaliera è responsabile dei danni in caso di "scambio di referti di esami clinici".

Il medico ha l'obbligo di controllare la competenza e l'esattezza delle cartelle cliniche e dei relativi referti allegati, la cui violazione comporta la configurazione di un difetto di diligenza e, quindi, un inesatto adempimento della sua corrispondente prestazione professionale.

Tribunale di Brindisi – Sezione civile, dott. Donatella De Giorgi – Sentenza n. 599 del 10 aprile 2013.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Brindisi in composizione monocratica, in persona del giudice Donatella De Giorgi, ha emesso la seguente

SENTENZA

nella causa civile, in prima istanza, iscritta al n. 1463 del RG. 2002,

C.M.D. + 4, la prima anche in proprio nonché, unitamente agli altri, quali eredi di B.C., procuratore domiciliatario

- attori -

CONTRO

AZIENDA U.S.L. BR/l in persona del legale rappresentante p.t. 

C.M.A. + 1, il primo anche quale esercentei la potestà sul minore C.P., tutti quali eredi del dott. C.D., procuratori domiciliatari;

- convenuti -

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, ritualmente notificato, C.M.D.+ 4 , quali eredi di B.C., originario attore, deceduto in corso di giudizio, riassumevano il giudizio nei confronti di ASL BR/l e degli eredi del dott. C.D., anch'egli deceduto in corso di giudizio, esponendo che:

in data 17.4.2001 B.C. veniva ricoverato nel reparto di Chirurgia generale dell'ospedale Di Summa di Brindisi, diretto dal prof C.D. con diagnosi di ammissione "rettorragia";

nel periodo di degenza venivano effettuati numerosi esami ematologici, tra cui quello Anti HCV, risultato positivo, sicchè veniva dichiarato affetto da epatite C e dimesso il 21.4.2001 con diagnosi di "varici esofagee in epatopatia cronica post epatitica";

la diagnosi di epatite C in soggetto già affetto da epatopatia cronica, giunto in ospedale per perdita di sangue dal retto, provocava nell'attore in profondo stato depressivo;

previo consiglio medico l'intera famiglia si sottoponeva a controlli medici per evitare eventuali contagi e veniva allertata dall'suo di comportamenti volti ad evitare il trasmettersi della malattia (evitando scambio posate, asciugamani, pettini, nonché rapporti sessuali non protetti, etc), accorgimenti tutti che modificavano le abitudini di vita della famiglia;

Inoltre l'attrice C., per evitare sforzi al marito, iniziava a lavorare In campagna per consentire il sostentamento della famiglia;

In data 15.3.2002 B.C. veniva ricoverato presso l'ospedale Saverio De Bellis di Castellana Grotte, effettuando esami di laboratorio all'esito dei quali risultava negativo all'anti HCV'

- Ripeteva tali esami il 16.8.2002 presso l'ospedale Di Summa di Brindisi ove veniva confermata la negatività all'anti HCV;

Pertanto, dopo un accurato esame della cartella clinica gli instanti accertavano che il referto indicante la positività agli anticorpi HCV recava un nome diverso, ossia di tal B. A. nato il 28.9.1938;

Di tale lampante errore di diagnosi che ha provocato un grave stress agli attori con peggioramento della loro vita devono rispondere l'ente ospedaliero nonché il dott. D.C., responsabile del reparto, che firmava la diagnosi di dimissioni di "varici esofagee in epatopatia cronica post epatitica";

Hanno chiesto pertanto accertarsi il grave errore di diagnosi della patologia HCV, invece inesistente, anche indicata nella diagnosi di dimissioni di "varici esofagee in epatopatia cronica post epatitica" , da parte dell'azienda ospedaliera Di Summa e del dott C. per l'effetto condannarsi l'Azienda Ospedaliera in solido con il dott C. al risarcimento dei danni tutti (stress psichico, biologico, alla vita di relazione) subiti da C. e B.C. a causa dell'anzidetta condotta, pari a € 80.000 in favore di C. ed € 100.000 in favore degli eredi di B.C., oltre interessi legali e rivalutazione dal sinistro al soddisfo, con vittoria delle spese di lite in favore del procuratore distrattario; con rigetto della domanda per lite temeraria e di condanna alla spese di lite proposta dai chiamati all' eredità di C.D., poi rinuncianti.

Si costituiva l'Azienda Ospedaliera BR/l che, concludeva per il rigetto della domanda, giacchè del tutto infondata, con vittoria di spese di lite.

Si costituivano i chiamati all'eredità del dott D.C., deceduto in corso di giudizio, che concludevano per il difetto di legittimazione passiva avendo rinunciato all'eredità del de cuius, con condanna dei chiamanti al risarcimento dei danni per lite temeraria, con vittoria delle spese di lite in favore del procuratore distrattario.

Il giudizio, espletata prova orale (interrogatorio e prova testi), disposta ctu medico-legale, poi rinnovata con nomina di uno specialista immunologo; è stato poi assegnato a questo Magistrato il 16.9.2009, riassunto a seguito dell'interruzione, prima, per il decesso del dott C., dopo, per il decesso dell'attore B.C., è stato rinviato per precisazione conclusioni all'udienza del 24.1.2012, poi rimesso sul ruolo per acquisire la ctu a firma dott Tortorella non presente agli atti, è stato poi rinviato per precisazioni conclusioni all'udienza del 4.12.2012 ed all'esito trattenuto in decisione con termini di legge per il deposito di note e repliche conclusive

La domanda è fondata e merita accoglimento nei limiti e per i motivi che seguono.

In limine, deve essere ribadito il principio consolidato a mente del quale il rapporto che si instaura tra il paziente, il medico e l'ente sanitario ha natura contrattuale.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In particolare, con l'accettazione del paziente nella struttura deputata a prestare assistenza sanitaria ed ospedali era, ai fini del ricovero o di prestazioni ambulatoriali, sorge un contratto di prestazione d'opera atipico (c.d. contratto di spedalità) che ha ad oggetto, oltre alla prestazione sanitaria stricto sensu intesa, anche la messa a disposizione di personale ausiliario, mezzi tecnici e farmaci e, se del caso, ulteriori prestazioni di carattere alberghiero.

L'ente, in sostanza, si impegna nei confronti del paziente a fornire adeguate prestazioni assistenziali attraverso la predisposizione di strutture e risorse umane efficienti.

Ne deriva, allora, che la responsabilità dell'ente ospedaliero e dei sanitari nei confronti del paziente ha natura contrattuale ai sensi dell'art. 1218 c.c. e può derivare sia dall'inadempimento delle obbligazioni poste direttamente a suo carico che, ex art. 1228 c.c., dall'inadempimento della prestazione medico professionale svolta direttamente dal sanitario in qualità di suo ausiliario necessario (cfr., tra le tante pronunce della Suprema Corte, Cass., sez. III, n. 8826/2007).

La natura contrattuale della responsabilità de qua impone quindi l'applicazione degli ormai noti principi affermati dalle Sezioni Unite sul regime della prova dell'inadempimento (cfr. Cass., S.U., n. 13533/2001) secondo i quali il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno, ovvero per l'adempimento, deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento.

Specificamente la Suprema Corte (Cass S.V. 577/08) ha statuito che nel giudizio avente ad oggetto il risarcimento del danno causato da un errore del medico o della struttura sanitaria, al quale sono applicabili le regole sulla responsabilità contrattuale ivi comprese quelle sul riparto dell'onere della prova, l'attore ha il solo onere - ex art. 1218 c.c. - di allegare e provare l'esistenza del contratto e di allegare l'esistenza d'un valido nesso causale tra l'errore del medico e l'aggravamento delle proprie condizioni di salute, mentre spetterà al convenuto dimostrare o che inadempimento non vi è stato, ovvero che esso pur essendo sussistente non è stato la causa efficiente dei danni lamentati dall'attore.

Pertanto la responsabilità dell' ente ospedaliero per fatto dei medici dipendenti sorge allorché l'intervento medico approdi ad un risultato "anomalo" o anormale che implichi l'aggravamento dello stato morboso, l'insorgenza di una nuova patologia ovvero il mancato raggiungimento di un utile miglioramento dello stato di salute del paziente, di talché laddove non sia stato raggiunto il risultato utile conseguibile, parte convenuta deve dare la prova del verificarsi di un evento imprevedibile e non superabile con l'adeguata diligenza .

In particolare, per quanto qui rileva, il medico ha l'obbligo di controllare la competenza e l'esattezza delle cartelle cliniche e dei relativi referti allegati, la cui violazione comporta la configurazione di un difetto di diligenza rispetto alla previsione generale contenuta nell'art. 1176, comma 2, c.c. e, quindi, un inesatto adempimento della sua corrispondente prestazione professionale (in tal senso Cass. 20101/(9).

Chiariti i principi di diritto applicabili nel caso di specie, dalla documentazione in atti, come esaminata anche dai due ctu, emerge senza dubbio che in occasione del ricovero di B.C. presso il reparto di chirurgia generale dell' ospedale Di Summa di Brindisi, nei giorni 17- 22 aprile 2001 si verificava un grossolano errore del personale sanitario (medico e paramedico) in servizio nel reparto, dovuto all'erroneo inserimento nella cartella clinica di B.C. di un esame di laboratorio inerente altra persona, tale B.A. nato in data diversa (verosimilmente ricoverato nel medesimo reparto e periodo), che evidenziava positività agli anticorpi anti-HCV (epatite C).

Va evidenziato che tale nelle diagnosi di dimissioni del 22.4.2001 si indica "varici esofagee in epatopatia cronica post epatitica", senza riferimento alla infezione da HCV, sicchè non viene indicata l'eziologia virale dell' epatopatia. 

Per altro verso va rimarcato che nulla è stato fatto per procedere alla conferma di quel dato di positività con prescrizione di approfondimenti diagnostici, invece omessi.

Va poi rilevato che a quella data, aprile 2001, era ormai esclusa una positività per epatite B, giacchè in occasione di un precedente ricovero presso l'ospedale Di Summa, nel gennaio 2000, B.C. risultava negativo per tale antigene, così venendo meno il dubbio di positività per HBsAG (spia di infezione da HVB) emerso nel gennaio 1995 durante il ricovero presso il presidio ospedaliero di Mesagne.

Unico dato certo è che al momento delle dimissioni dall'ospedale di Brindisi nell'aprile 2001, B.C., e i suoi familiari, erano a conoscenza che il B. era affetto da cirrosi epatica, sicuramente già dal 1995, come da lui stesso e dall'attrice C. dichiarato in sede di interrogatorio; ma deve parimenti escludersi che gli stessi potessero essere a conoscenza che B.C. fosse affetto da epatite B, giacchè tale ipotesi era stata clinicamente esclusa sin dal ricovero avvenuto un anno prima nel medesimo ospedale Di Summa, come prima detto.

Va altresì rilevato che in occasione del successivo ricovero di B.C. presso l'ospedale di Castellana Grotte dal 15 al 23 marzo 2002, con diagnosi di ammissione "pregressa emorragia digestiva in soggetto con cirrosi epatica", gli esami di laboratorio confermavano la negatività per la ricerca di anticorpi anti HCV, nonché la negatività per HBsAg (ossia negatività di virus sia per epatite B che per epatite C).

Orbene alla luce delle circostanze che precedono risulta evidente che il grossolano errore di scambio di referti di esami clinici che ha coinvolto C.B. in occasione del trattamento sanitario presso l'ospedale convenuto nell'aprile 2001, poi scoperto a seguito del risultati di laboratorio presso l'ospedale di Castellana Grotte nel marzo 2002, ha verosimilmente prodotto un comprensibile e grave turbamento nel diretto interessato B.C. e nella moglie convivente C., a seguito della erronea diagnosi di infezione da HCV, nella realtà insussistente.

Invero una volta esclusa l'esistenza a quella data (ed anche in data successiva) di positività anche ad epatite B, è evidente che le precauzioni igienico-comportamentali verosimilmente indicate a B. per la (erronea) positività ad epatite C, e da lui verosimilmente poste in essere (quali uso di utensili personali per barba e unghie, rapporti sessuali protetti, assoluta attenzione a contaminazioni di terzi soggetti con sangue e secrezioni organiche), hanno alterato il precedente stile di vita personale e familiare, come descritto dai testi escussi, anche con riferimento all'interruzione dell'attività lavorativa in precedenza svolta da B. nel bar gestito dal fratello.

Va altresì rilevato che l'equivoco si è risolto dopo meno di un anno e che non ha comportato né un aggravamento della patologia di base del sig B., né la prescrizione di specifiche terapie mediche, né un danno psichico valutabile in termini medico-legali come danno biologico.

Pertanto il danno subito da B.C. e dalla moglie C., in termini di stress pschico, nonché il danno alla vita di relazione per la forzata modifica della precedenti condizioni di vita sociale e lavorativa, come voci del danno morale, prive di rilievo medico legale, vanno necessariamente liquidate in via equitativa tenendo conto del tempo in cui gli attori hanno vissuto con tale erronea convinzione di infezione da HCV (con conseguente adozione di precauzioni igieniche invece non necessarie), pari a circa 11 mesi, alla luce tuttavia del già delicato quadro clinico dell'attore (affetto da cirrosi epatica), seppure non involgente una patologia infettiva con quello che ciò comporta in termini di precauzioni igieniche.

Nulla invece risulta provato circa un danno patrimoniale subito dagli attori in conseguenza di tale erronea informazione di patologia inesistente, essendo esclusivamente emerso che B.C. a seguito di ciò riduceva l'attività lavorativa prestata presso il bar del fratello (senza peraltro alcuna produzione documentale attestante qualifica e stipendio prima percepito) e contestualmente C. svolgeva (o iniziava) l'attività di collaboratrice domestica (anche qui tuttavia senza alcun supporto documentale) sicchè non si ravvisa un peggioramento del reddito familiare degli attori, mantenuto anche in quei mesi con l'attività lavorativa svolta dalla sig C.

Va pertanto liquidato a favore degli eredi di B.C. la somma di € 7747 (già L. 15 milioni) ed a C.M.D. la somma di € 2582 (già L. 5 milioni), oltre, per entrambi, interessi legali e rivalutazione dal fatto (22.4.2001) e sino al soddisfo, somma che va posta in solido a carico dell' Asl convenuta e di C.A.M., risultante unica erede del dott C.D., avendo gli altri chiamati rinunciato all'eredità del de cuius dott. C.D.

In particolare gli interessi legali vanno applicati non sulla somma interamente rivalutata ma, in applicazione dei principi di cui alla sentenza Sezioni Unite 17.2.1995 n 1712, sulla somma come annualmente rivalutata secondo indici Istat.

Concretamente la somma complessiva va dapprima riportata al valore effettivo corrente al momento del fatto illecito (cosiddetta devalutazione) e, sulla somma così ottenuta, vanno anno per anno (cioè con rivalutazione della somma anno dopo anno) calcolati gli interessi legali.

Va infine rigettata la domanda di risarcimento per lite temeraria, nonché la domanda di condanna alla spese di lite, proposta dagli eredi rinuncianti del dott C.D., alla luce del fatto che la notifica dell' atto di riassunzione, a seguito del decesso del dott C. è stata effettuata dagli attori in modo impersonale "agli eredi del dott C.D." presso l'ultimo domicilio del defunto e non invece personalmente anche agli eredi rinuncianti, nel qual caso sarebbe stata ipotizzabile una colpa in capo agli attori.

Per tale motivo va altresì disposta la compensazione delle spese di lite tra attori e convenuti eredi rinuncianti del dott C.

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, al pari delle spese di ctu.

P.Q.M.

Il Tribunale di Brindisi, definitivamente pronunciando sulla domanda promossa da C.M.D. in proprio e quale erede di B.C., nonché da B.U. + 2, quali eredi di B.C., nei confronti di ASL BR/l e degli eredi del dott. C.D., così provvede:

accoglie per quanto di ragione la domanda e per l'effetto condanna la convenuta ASLBR1 in solido con C.M.A., quale erede non rinunciante del dott C.D., al pagamento, in favore degli attori, quali eredi di B.C., della somma di € 7747 (già L. 15 milioni) e in favore di C.M.D., in proprio, della somma di € 2582 (già L. 5 milioni), a titolo di danno morale (stress psichico e danno alla vita di relazione) per i fatti di causa, oltre (per entrambi) interessi legali e rivalutazione dal sinistro al soddisfo. In particolare gli interessi andranno calcolati sulla somma devalutata e poi rivalutata annualmente dal 01.07.2002, secondo i criteri indicati da Cass S.U. n 1712/95.

Dichiara il difetto di legittimazione passiva di S.M.B. e C.G.e, anche in rappresentazione del figlio minore C.P.G. (unitamente a F.B.), giacchè eredi rinuncianti del dott C.D..

Spese compensate tra attori chiamanti ed eredi rinuncianti del dott C.D..

Condanna i convenuti in solido, ASL BR1 e C.M.A. (quale erede non rinunciante del dott C.D.) a rifondere al procuratore distrattario degli attori le spese ed onorari di lite che si liquidano in € 5.967,00, di cui € 467,77 per spese, € 5.500 per competenze oltre IVA e CPA.

Spese di CTU a carico dei convenuti in solido ASL BR1 e C.M.A.

Sentenza provvisoriamente esecutiva ex lege