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La responsabilità del ginecologo per gli effetti collaterali della frantumazione di calcoli renali mediante onde d'urto.

L'accertamento della responsabilità medica in ambito civile richiede uno standard più basso rispetto al processo penale: la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" lascia il passo alla regola della preponderanza dell'evidenza o del "più probabile che non".

Tribunale di Lecce – Sezione distaccata di Tricase, avv. Bucato Capozza – Sentenza n. 77 del 28 marzo 2013.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Lecce

sezione distaccata di Tricase

nella persona del g.o.t. Avv. Alfredo Bucato Capozza, ha emesso la seguente sentenza, anche secondo quanto stabilito dall'art.132 C.p.C. per come modificato dal comma 17 dell'art.45 della L. 18 giugno 2009 n.69 entrato in vigore a partire dal 4 luglio 2009, per cui saranno trattati solo gli aspetti processuali ritenuti rilevanti ai fini della decisione presa nel presente giudizio iscritto al n.142/2007 del ruolo contenzioso degli affari civili, promosso da

R.A.,                                                                                                - attore-

contro

PIA FONDAZIONE DI CULTO E DI RELIGIONE CARD. G. PANICO

- convenuta –

nonchè contro

ASSICURAZIONI GENERALI S.P.A.,                         - terza chiamata ­

Si rimanda espressamente alle conclusioni formulati in atti dalle parti.

*************

All'udienza odierna la causa è stata oralmente discussa e decisa ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c.

FATTO E DIRITTO

Il novellato art. 132 c.p.c. esonera il giudice dal redigere lo svolgimento del processo.

Va ritenuta legittima la motivazione c.d. per relationem (cfr., da ultimo, Cass. 3636/07), la cui ammissibilità - così come quella delle forme di motivazione c.d. indiretta - risulta definitivamente codificata dall'art.16 del d.lgs 5/03, recettivo degli orientamenti giurisprudenziali ricordati.

Per consolidata giurisprudenza del S.c. il giudice, nel motivare "concisamente" la sentenza secondo i dettami di cui all'art. 118 disp. att. C.p.C., non è tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le quaestiones sollevate dalle parti, ben potendosi egli limitare alla trattazione delle sole questioni - di fatto e di diritto ­"rilevanti ai fini della decisione" concretamente adottata (scrive Casso 27.7.2006 n. 17145:

"La conformità della sentenza al modello di cui all'art. 132 n. 4 c.p.c., e l'osservanza degli art. 115 e 116, C.p.C., non richiedono che il giudice di merito dia conto dell'esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, offrendo una motivazione logica e adeguata, evidenziando le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l'iter argomentativo seguito");

Le restanti questioni non trattate non andranno ritenute come "omesse" (per l'effetto dell' error in procedendo ), ben potendo esse risultare semplicemente assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato dal giudicante.

La controversia che si agita tra le parti va risolta sulla base dei principi affermati dalle dieci sentenze S.U. Cass Civile 2008, che sganciano lo standard di "certezza probabilistica" in materia civile dalla determinazione quantitativa - statistica delle frequenze di classi di eventi (c.d. probabilità quantitativa o pascaliana), che potrebbe anche mancare, richiedendo una verifica diversa, riconducendone il grado di fondatezza all'ambito degli elementi di conferma (e nel contempo di esclusione di altri possibili alternativi) disponibili in relazione al caso concreto (c.d. probabilità logica o baconiana).

Nello schema generale della probabilità come relazione logica va determinata l'attendibilità dell'ipotesi sulla base dei relativi elementi di conferma (c.d. evidence and inference nei sistemi anglosassoni).

In sostanza l'accertamento della responsabilità medica in ambito civile richiede adesso una standard più basso: mentre nel processo penale vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio", nel processo civile vige la regola della preponderanza dell'evidenza, o del "più probabile che non".

Pertanto l'indagine condotta dal consulente tecnico di ufficio deve consentire di ricostruire analiticamente la storia clinica della paziente sulla base della documentazione esibita, accertare se la natura dell'attività posta in essere dai sanitari descritta nell'atto di citazione rientrava nella prestazione professionale media ovvero i problemi affrontati presentavano profili tecnici di speciale difficoltà, che imponevano una preparazione ed un dispendio di attività superiori alla media; nel primo caso, verificare se i sanitari, in particolare, abbiano osservato o meno, per inadeguatezza o per incompletezza della preparazione professionale ovvero per omissione della diligenza media, quelle regole precise che sono acquisite, per comune consenso, alla tecnica di chi abbia una preparazione ed attenzione media; nel secondo caso, accertare se abbiano agito con colpa grave e cioè, se abbia commesso errori non scusabili per la loro grossolanità, ovvero manifestato ignoranza incompatibile con il grado di preparazione che la professione esercitata richiede ovvero che la reputazione di un professionista dà motivo di ritenere esistente, ovvero abbiano evidenziato superficialità e disinteresse per i beni primari che il cliente ha affidato alle sue cure.

Nella valutazione del nesso causale si dovrà considerare che, dopo la sentenza Cass. SU n. 581/08, muta sostanzialmente tra il processo penale e quello civile, la regola probatoria, in quanto nel primo vige la regola della prova "oltre il ragionevole dubbio" (cfr. Cass. Pen. S.U. 11 settembre 2002, n. 30328, Franzese), mentre nel secondo vige la regola della preponderanza dell'evidenza o "del più probabile che non", stante la diversità dei valori in gioco nel processo penale tra accusa e difesa, e l'equivalenza di quelli in gioco nel processo civile tra le due parti contendenti.

Quindi occorrerà verificare se, ipotizzandosi come avvenuta l'azione che sarebbe stata doverosa ed esclusa l'interferenza di decorsi causali alternativi, l'evento, con elevato grado di probabilità del 50% + 1, non avrebbe avuto luogo ovvero avrebbe avuto luogo in epoca significativamente posteriore o con minore intensità lesiva, definendone il verosimile diverso grado.

Tutto ciò deve essere armonizzato con il principio dell'onere della prova, secondo cui il rischio della prova grava sulla parte attrice, e, in difetto, non potrà essere emessa sentenza di accertamento della responsabilità della struttura ospedaliera o del professionista (Cass. n. 10743/09).

In ordine alla fattispecie in esame, appare doveroso, in via preliminare, evidenziare che con l'atto introduttivo ed in particolare nelle conclusioni dello stesso, l'attrice domanda il preventivo riconoscimento "che tutti i danni subiti dalla stessa derivano dalla condotta colposa tenuta dai sanitari dipendenti della struttura ospedaliera convenuta in occasione dell'intervento chirurgico del 09.07.2001"; tale necessaria precisazione, non modificata nei limiti temporali e contenutistici dei termini concessi di cui all'art.183 sesto comma c.p.c., delimita pertanto l'ambito d'indagine dell'impianto probatorio unicamente al detto comportamento dei sanitari in sede d'intervento e all'eventuale nesso causale tra questo e i danni lamentati.

In tale contesto assumono rilevanza dirimente i dati e le conclusioni a cui è pervenuto il C.t.U. nominato in corso di causa.

Quest'ultimo ha esattamente ricostruito l'iter della vicenda evidenziando quanto segue:

"Dalla documentazione clinica allegata in atti emerge un protratto trattamento con nefrolitotrissia percutanea mediante onde d'urto.

Nel corso del primo ricovero (7-11 luglio 2001) venne posizionata una nefrotomia percutanea cosi come espressamente previsto per il primo tempo della procedura di litotrissia.

Il 12 agosto 2001, la paziente si ricovero presso la divisione urologica dello stesso ospedale di Tricase per un episodio di infezione delle urinarie con positività dell'urinocoltura per Proteus mirabilis e per Enterococcus faecalis.

Gli esami di immagine evidenziarono, tra l'altro, la presenza di filo radiopaca a densità metallica ritenuta in corrispondenza del polo inferiore del rene di sinistra.

Correttamente il radiologo interpretò quel reperto come un residuo del filo guida adoperato nel corso delle procedure di litotrissia percutanea.

Successivamente, la paziente é stata sottoposta ad ulteriori, reiterate sedute di analogo procedimento - l'ultimo nel maggio 2002 - necessari per tentare di risolvere in maniera incruenta la grave e diffusa calcolosi presente a carico del rene sinistro.

L'esito positivo del trattamento è testimoniato da un rx diretta reni del 29 maggio 2002 che evidenzia le ombre renali regolari per dimensioni e morfologia, prive di immagini radiopache ascrivibili a calcoli.

I successivi esami di immagine eseguiti nell'ottobre 2002, marzo 2003 e dicembre 2003 mostrano una recidiva della calcolosi nel medesimo distretto.

La nefrolitotrissia percutanea (Extra corporea l shock wave lithotripsy -ESWL-) é procedura mini-invasiva che, mediante onde d'urto, consente di frantumare i calcoli e consentirne l'eliminazione.

Gli effetti collaterali sono dovuti principalmente al passaggio delle onde d'urto attraverso i tessuti e secondariamente alle complicazioni in seguito alla frammentazione dei calcoli.

In seguito all'effetto contusivo (provocato dalle onde d'urto) sul rene si possono formare ematomi (nel 25% dei casi) e versamenti intorno al rene (nel 30% dei casi).

Tali alterazioni di solito regrediscono dopo alcuni mesi.

Dopo la ESWL può verificarsi presenza di sangue nelle urine (ematuria) che perdura per alcuni giorni: il grado di emorragia è strettamente correlato al numero di onde d'urto ed alla loro potenza.

La litotrissia extracorporea può altresi causare una lieve riduzione della funzione renale: è stato valutato che a 3 giorni dal trattamento vi è una riduzione del 5% della funzionalità renale nel rene trattato, legata alla ischemia indotta dalle onde d'urto.

Queste alterazioni tendono però a normalizzarsi nell'arco di qualche settimana.

Alcuni Studi clinici hanno evidenziato un'associazione fra trattamento con ESWL ed ipertensione arteriosa. E stata anche riscontrata (J. Urol., 2006) un'associazione tra ESWL e insorgenza di diabete, come conseguenza dell'azione delle onde d'urto sul pancreas.

I dati relativi ai due ultimi effetti collaterali devono essere relazione medico legale in persona di Rizzo Antonella ulteriormente confermati.

Vi è, infine, la probabilità di recidiva di calcolosi dopo ESWL. "

Dopo la suddetta esposizione e la disamina della documentazione di riferimento il medesimo c.t.u. concludeva in termini che, all'evidenza, non possono lasciare dubbi circa il corretto operato dei sanitari nel contesto operatorio.

Difatti, lo stesso ausiliario del giudice, dopo aver precisato che nel caso della sig.ra Rizzo nessuna delle innanzi citate complicanze si è verificata e pur certificando che nel corso dei controlli degli esami di immagine è stata segnalata la presenza di un piccolo frammento metallico attribuibile a frammento di filo guida che si è rotto nel corso della procedura ed é rimasto ritenuto nel parenchima renale, evidenziava, in termini certi, che in nessun modo è possibile ascrivere la rottura del filo guida a responsabilità degli operatori in quanto l'incidente in questione non può conseguire a manovre incongrue da parte dei chirurghi che effettuano la procedura.

In ordine a detta rottura, tuttavia, veniva evidenziato che la stessa può derivare da un difetto di costruzione della guida che induce fragilità del piccolo filo metallico, suscettibile, in questo caso, di lacerazione nel corso delle manovre chirurgiche.

Appare doveroso, altresì, riportare l'ulteriore precisazione del c.t.u. secondo la quale il materiale di composizione del filo guida in questione è biocompatibile e non espone la paziente ad alcuna conseguenza, cosi come accade per analoghi materiali (clips metalliche, fili di sutura non rìassorbibìlì, dispositivi metallici e non) adoperati in chirurgia vascolare, nei trattamenti incruenti di patologie vascolari, nell'intestino, nell'uretra, nelle vie respiratorie ecc ..

La consulenza si conclude con l'affermazione che: "la ritenzione del frammento di filo guida nel contesto del parenchima renale di sinistra non sia in alcun modo ascrivibile a condotte censurabili degli urologi che effettuarono le procedure di litotrissia percutanea, bensì a fragilità della guida medesima, del tutto indipendente dalla procedura adottata dagli urologi di Tricase.

Riteniamo, inoltre, che tutti i disturbi lamentati dalla paziente siano pienamente giustificati dalla ricorrenza delle infezioni delle vie urinarie strettamente correlata alla patologia calcolotica ed in nessun modo connessi alla ritenzione del frammento di filo guida.

Non vi è, in atti, alcuna documentazione inerente disturbi psicopatologici sofferti dalla perizianda né ella riferisce sintomi ad essi riconducibiìi.

Riteniamo, inoltre, che nessun periodo di malattia sia conseguito alla rottura del filo guida di cui si tratta."

Dal punto di vista giuridico, come evidenziato in premessa, l'onere della prova del nesso causale tra la condotta del medico e il danno spetta necessariamente all'attore, quale vittima della condotta medica ritenuta inadeguata.

La valutazione del nesso causale costituisce oggetto delle pronunce delle Sezioni Unite della Cassazione nn. 576-581 dell'11 gennaio 2008, citate in premessa, nelle quali si è stabilito che tra la condotta omissiva e l'evento dannoso deve sussistere il nesso causale e ciò avviene solo quando può affermarsi, in base alle circostanze del caso concreto, che la condotta alternativa corretta avrebbe impedito l'avverarsi dell'evento con una probabilità superiore al 50% secondo la regola del "più probabile che non".

Il giudizio controfattuale è applicabile anche per stabilire il raggiungimento della prova del nesso causale tra la condotta medica e il danno.

È infatti sempre necessario individuare la condotta errata e, quindi il responsabile, e ciò anche in ambito civilistico perché, quale che sia il criterio di imputazione soggettiva del danno, ciò non modifica le regole dell'accertamento del nesso causale che deve essere sempre riscontrato tra la condotta eventualmente colposa del responsabile o la condotta di altri o i fatti indicati dalle norme specifiche in materia.

Nella fattispecie in esame, non può quindi ritenersi sussistente la prova del nesso causale che dovrebbe legare l'intervento chirurgico all'insorgenza dei danni fisici e morali lamentati dall'attrice sulla base di un errore nella condotta medica.

Difettando il nesso causale tra la condotta operatoria tenuta dai sanitari ed i pregiudizi contestati, non è possibile affermare una pronuncia di condanna riconducibile a responsabilità medica così come richiesto con l'atto introduttivo, tuttavia la dimostrata circostanza dell'effettiva ritenzione del frammento di filo guida nel contesto del parenchima renale di sinistra, pur non essendo riconducibile alla stessa alcuna conseguenza dannosa, appare, nella sua singolarità, valido motivo per disporre la compensazione integrale delle spese e competenze di giudizio tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale di Lecce, sezione distaccata di Tricase, definitivamente pronunciando sull'azione proposta, ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa così provvede:

- rigetta le domande proposte dall'attrice R.A.;

- compensa integralmente tra le parti le spese e competenze di causa;

- pone definitivamente a carico dell'attrice le spese di C.t.U ..

Sentenza letta in udienza, ex art. 281 sexies, in assenza delle parti alle ore 14,40

Tricase, 18/3/2011.