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L'omesso o scorretto uso del casco da parte del danneggiato può comportare la riduzione del risarcimento ma non vale ad escluderlo completamente.

L'omesso uso del casco protettivo da parte del conducente di un motociclo può essere fonte di corresponsabilità della vittima di un sinistro stradale per il danno causato a sé stesso, con conseguente riduzione della somma da corrisponderle.

Tribunale di Brindisi – Sezione unica civile, dott. Loredana Galasso – Sentenza n. 1331 del 16 settembre 2014

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REPUBBLICA ITALIANA

In Nome Del Popolo Italiano

IL TRIBUNALE DI BRINDISI

Sezione Unica Civile

in composizione monocratica nella persona del Giudice Unico dott. Pietro Lisi ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta sotto il numero d'ordine 1154 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi dell'anno 2010, promossa da:

C.P.,                                                                                                                                                             - attore-

CONTRO

Vittoria Assicurazioni s.p.a.,,

- convenuta-

FATTO E DIRITTO

Con atto del 10.5.2010 ritualmente notificato, C.P. ha citato in giudizio la Vittoria Assicurazioni S.p.A., per sentirla condannare al pagamento della somma di Euro 113.955,85, oltre interessi e rivalutazione monetaria, a titolo di risarcimento di tutti i danni subiti nel sinistro occorso in Brindisi in data 6.5.2009, alle ore 18.15 circa.

L'attore ha dedotto che il predetto sinistro si verificava per esclusiva responsabilità del sig. P.G., proprietario e conducente dell'autovettura Fiat Panda tg. VA00000, che collideva con il motociclo Piaggio Vespa 200 tg. BP0000 (a bordo del quale egli viaggiava come terzo trasportato) di proprietà di Z.A., condotto nell' occasione da M.F. e assicurato per la RCA con la Vittoria Ass.ni.  

Nel dettaglio, l'istante ha narrato che P.G., percorrendo via De Pineto a velocità sostenuta, si immetteva in Via Tito Minniti, omettendo di dare la dovuta precedenza, e collideva con il predetto motociclo, proveniente secondo il regolare senso di marcia da detta via, scaraventandolo al suolo unitamente al conducente e al terzo trasportato.

Ha esposto, infine, il C. che le lesioni riportate a causa del sinistro gli provocavano una IP nella misura del 19/20%, una ITT di giorni 40, una ITP al 50% di giorni 40 , una ITP al 25% di giorni 40, e che tali menomazioni avevano avuto ripercussioni negative sulla sua capacità lavorativa specifica, avendo riportato un importante danno all'udito, riducendola nella misura del 20%.

Con comparsa del 15.6.2010 la società assicuratrice si è costituita in giudizio, contestando integralmente la domanda e sostenendo la totale responsabilità dell'attore nella causazione del danno fisico subito a seguito del sinistro, non avendo egli indossato regolarmente il casco, evidenziando la incompatibilità delle lesioni riportate con l'uso regolare del presidio di sicurezza.

Ha specificato, poi, il convenuto che il danno all'udito lamentato dal C. doveva considerarsi pregresso rispetto al sinistro e riconducibile al tipo di attività lavorativa svolta dall'attore (metalmeccanico) e comunque non determinante una menomazione della capacità lavorativa specifica dello stesso.

Tanto premesso, si osserva che dalla documentazione in atti, ed in particolare dal verbale e dai rilievi eseguiti dai Vigili Urbani intervenuti nell'immediatezza sul luogo del sinistro, nonché dall' istruttoria svolta, è emersa chiaramente la dinamica del sinistro per come riferita dall'attore e dunque la responsabilità del conducente della Fiat Panda nella causazione dello stesso.

In particolare, tutti i testi escussi durante la fase istruttoria hanno confermato che il C. viaggiava come terzo trasportato a bordo del motociclo e che a seguito della collisione con l'autovettura, lo stesso dapprima impattava con il cofano anteriore dell'autovettura e poi veniva scaraventato per terra.

Riscontrata la prova in ordine sia alla verificazione del sinistro sia in ordine alla dinamica dello stesso, a questo punto occorre accertare preliminarmente se sussiste il nesso eziologico tra il sinistro e l'evento dannoso de quo, nonché verificare se nella fattispecie siano intervenute delle concause, come ad esempio un comportamento irregolare da parte del danneggiato, che possano aver concorso a determinare l'evento dannoso o addirittura interrotto il nesso causale, tanto da risultare causa esclusiva dell'evento.

Per quanto concerne il nesso causale tra sinistro stradale e lesioni riportati dall'istante, si può certamente sostenerne la sussistenza alla luce della copiosa documentazione medica in atti, del verbale redatto dai Vigili Urbani intervenuti sul posto nell'immediatezza del fatto, delle risultanze testimoniali acquisite e soprattutto del giudizio di compatibilità espresso dal CTU medico-legale tra lesioni riportate dall'attore e dinamica del sinistro.

Accertato quanto sopra, occorre verificare se il C. abbia tenuto un comportamento colposo, ed in particolare se indossasse correttamente il casco protettivo al momento dell' evento traumatico, tanto al fine di ridurre ex art. 1227 c.c., laddove dovesse risultare provata tale circostanza, il risarcimento del danno dovuto al danneggiato.

Occorre infatti rammentare che l'art. 171 codice della strada (d.lgs. 285/1992) prevede che "Durante la marcia, ai conducenti e agli eventuali passeggeri di ciclomotori e motoveicoli è fatto obbligo di indossare e di tenere regolarmente allacciato un casco protettivo conforme ai tipi omologati ... "

Deve ritenersi, alla luce delle chiare ed inequivoche conclusioni cui è pervenuto il CTU (la cui relazione medico-legale, in quanto immune da vizi e lacune, è pienamente condivisibile e deve intendersi integralmente riportata e trascritta in questa sede), che il C., al momento dell' evento traumatico, non indossasse il casco o che, quanto meno, ne indossasse un tipo non regolamentare o non lo tenesse allacciato.

Il CTU, in particolare, nell'argomentare il proprio convincimento, richiama l'esito di un accertamento rx grafico, espletato e refertato in corso di ricovero, ove risulta: "verosimile infossamento dell'occipite in sede retromastoidea destra, da riferire a trauma "; infossamento significativo di un impatto diretto, senza alcuna interposizione, tra ovoide cranico e parti rigide esterne (cofano dell'autovettura o manto stradale)".

E' evidente, dunque, che l'impatto con il cofano dell'autovettura (cui fanno riferimento i testi escussi) avveniva senza la valida interposizione del casco, non indossato (o non correttamente indossato) nel caso di specie.

Si rinvia, altresì, alle lucide osservazioni del CTU, svolte nella relazione integrativa del 21.9.12, in risposta alle critiche mosse dal CTP dell'attore.

Occorre considerare, altresì, che nel rapporto redatto dalla Polizia Municipale intervenuta sul posto non vi è alcun cenno all'uso del casco da parte del C., in quanto, come chiarito dai due Agenti intervenuti sentiti in qualità di testi, al momento del loro intervento l'odierno attore era già stato trasportato in ospedale.

Le univoche conclusioni cui perviene il CTU, fondate su dati tecnico-scientifici obiettivi e rigorosi, non risultano scalfite dalle dichiarazioni rese dai testi escussi.

Difatti, sebbene essi abbiano concordemente riferito che il C. indossasse il casco al momento dell'impatto, tuttavia ciò non esclude che tale casco non fosse regolarmente allacciato o fosse di tipo non regolamentare.

In particolare quest'ultima circostanza non poteva certo essere agevolmente percepita dagli stessi, richiedendo cognizioni tecniche specifiche, ed infatti, ad esempio, il teste S., a precisa domanda, ha dichiarato di non sapere se il casco indossato dal C. fosse omologato.

Come detto, tale fatto colposo del danneggiato importa la riduzione del risarcimento del danno, ex art. 1227 c.c.

La Suprema Corte, infatti, ha osservato sul punto che "l'omesso uso del casco protettivo da parte del conducente di un motociclo può essere fonte di corresponsabilità della vittima di un sinistro stradale per il danno causato a sé stesso, con conseguente riduzione della somma da corrisponderle, ove venga accertato in fatto che la suddetta violazione abbia concretamente influito sulla eziologia del danno, costituendone un antecedente causale" (Cass., sez. III, n. 26568/2010).

Nel caso di specie il non corretto uso del casco ha certamente influito sull'eziologia del danno, in quanto il CTU ha chiaramente osservato che tale circostanza è stata determinante nel verificarsi del danno fratturativo occipitale, dell'otorragia e del conseguente deficit uditivo.

Non può invece escludersi del tutto il risarcimento con riferimento a tali voci di danno, trattandosi di fattore solo concorrente, inidoneo da solo a determinare l'evento (è evidente infatti che, se non vi fosse stato il sinistro stradale, il mancato uso del casco non avrebbe di per sé potuto recare alcun danno all'attore), ma piuttosto inserentesi nella sequenza causale che indubbiamente collega il fatto del conducente dell'autovettura investitrice con il trauma cranico, interrompendo la, ma non elidendola del tutto con la sovrapposizione di una serie causale nuova, autonoma e autosufficiente (vedi sul punto C.App. Reggio Calabria, 19.11.09).

Passando a quantificare il danno patito dall' attore, si osserva che, all'esito dell'indagini peritali è emerso che l'attore, a causa del sinistro per cui si controverte, ha riportato "un trauma cranico non commotivo con frattura impressa della regione occipitale retromastoidea destra ed otorragia secondaria; trauma da contraccolpo rachide cervicale e trauma contusivo-distorsivo ginocchio sinistro con frattura complessa del meni sco mediale omolaterale".

Ha specificato il CTU dott. Silvio di Paola che i postumi riportati dal C. interessano dunque due dimensioni, cioè un danno di natura uditiva e un danno di natura ortopedica, e si traducono in un danno biologico valutabile complessivamente in ragione del 15%, con i.t.t. di giorni 30 e i.t.p. al 50% di giorni 40.

Alla luce delle complessive emergenze istruttorie, ed in particolare della espletata CTU (che ha chiarito che il mancato uso del casco ha rilevato con esclusivo riferimento al danno di natura uditiva), si reputa equo ridurre l'importo complessivo del risarcimento in misura del 30%, m ragione dell'accertato concorso colposo del fatto del danneggiato.

Ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, si reputa corretto applicare le Tabelle per la liquidazione del danno non patrimoni aie per l'anno 2013 in uso presso il Tribunale di Milano, in quanto pienamente condivisibili nei principi ispiratori e nella metodologia utilizzata.

Inoltre la Suprema Corte in una recente pronuncia ha osservato che "i valori di riferimento per la liquidazione del danno alla persona adottati dal Tribunale di Milano, dei quali è già riconosciuta nei fatti una sorta di vocazione nazionale, costituiscono d'ora innanzi, per la giurisprudenza di questa Corte, il valore da ritenersi "equo ", e cioè in grado di garantire la parità di trattamento e da applicare in tutti i casi in cui la fattispecie concreta non presenti circostanze idonee ad aumentarne o ridurne l'entità" (Cass., sez. III, n. 1240812011).

Pertanto, spettano all'attore le seguenti somme determinate sulla base delle ridette tabelle in uso presso il Tribunale di Milano, che si condividono pienamente anche con riferimento alle note illustrative che le precedono ed alle quali si fa espresso rinvio:

euro 4.800,00 a titolo di danno non patrimoniale temporaneo (applicando un valore pari a euro 96,00 per ciascun giorno di invalidità temporanea al 100%);

euro 45.782,00 per invalidità permanente pari al 15% riferita ad un individuo di 27 anni (al tempo del sinistro) .

Si perviene dunque alla complessiva somma di euro 50.582,00, che va ridotta in misura del 30% per effetto del predetto concorso del fatto colposo del danneggiato, pervenendo si all'importo di euro 35.407,40.

Atteso che le tabelle di liquidazione danni cui si è fatto complessivamente riferimento (Tribunale Milano) sono aggiornate al 2013, sono dunque dovuti gli interessi compensativi nella misura legale, da calcolarsi devalutando tale somma al 6.5.09, dì dell'evento (mercè l'applicazione degli indici Istat) ed applicandoli sulla somma rivalutata anno per anno sino alla pubblicazione della presente decisione, a partire dalla quale decorreranno i soli interessi legali, operando la conversione del debito di valore m debito di valuta (v. Cass., SS.UU., n. 1712/95).

Quanto poi al danno patrimoniale, l'attore in primo luogo ha sostenuto spese mediche per euro 896,00 (ritenute congrue dal CTU).

Su tale somma sono dovuti gli interessi legali sulla somma rivalutata anno per anno a decorrere dai singoli esborsi e sino al soddisfo.

Difatti, secondo l'insegnamento della Suprema Corte, "in tema di valutazione e liquidazione del danno da fatto illecito, qualora il danneggiato abbia provveduto a proprie spese ad eliminare o ridurre le conseguenze pregiudizievoli derivate dal fatto medesimo, l'obbligazione risarcitoria del responsabile non perde la natura di debito di valore, in quanto diretta a reintegrare il patrimonio di detto danneggiato nella sua originaria consistenza, e, pertanto, deve essere quantificata, pure in grado d'appello ed anche d'ufficio, adeguando l'ammontare degli indicati esborsi al mutato potere d'acquisto della moneta; tale adeguamento va effettuato non con riferimento alla data del fatto ma a quella dei singoli esborsi" (Cass., n. 2335/200l).

Va invece disattesa la domanda di risarcimento del danno patrimoniale quale pregiudizio derivante dalla riduzione della capacità lavorativa specifica.

E' consolidato principio in giurisprudenza di legittimità che il grado di invalidità di una persona, determinato dai postumi permanenti di una lesione all'integrità psico-fisica dalla medesima subita non si riflette automaticamente nella stessa misura sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e quindi di guadagno della stessa, spettando al Giudice del merito valutarne in concreto l'incidenza (v. In particolare Cass., 1411012005, n.19981).

Detto danno patrimoniale da invalidità deve essere pertanto accertato in concreto, attraverso la dimostrazione che il soggetto leso svolgeva (o, trattandosi di persona non ancora dedita ad attività lavorativa, presumibilmente avrebbe svolto) un'attività produttiva di reddito (v. Cass., 20/1/2006, n. 1120; Cass., 14110/2005, n. 19981; Cass., 51712004, n. 12293).

Allorché la persona ha subito una lesione dell'integrità fisica, un danno da lucro cessante conseguente alla riduzione della capacità lavorativa è configurabile solamente in quanto sussistano elementi per ritenere che, a causa dei postumi, il soggetto effettivamente ricaverà minori guadagni dal proprio lavoro, essendo ogni ulteriore o diverso pregiudizio risarcibile a titolo di danno non patrimoniale (cfr. Cass., 9/1/2001, n. 239), e cioè biologico, morale ed esistenziale (cfr. Cass., 6/2/2007, n. 2546; Cass., 2/2/2007, n. 2311; Cass., 12/6/2006, n. 13546; Cass., Sez. Un., 24/3/2006).

Tale prova è mancata nel caso di specie, avendo il CTU condivisibilmente escluso che le lesioni subite possano incidere sulla capacità lavorativa specifica (operaio metalmeccanico).

Va poi osservato che l'attore ha dapprima dedotto che egli, all'epoca del sinistro, lavorava alle dipendenze della impresa S. di Brindisi, in virtù di contratto di formazione, con mansioni di laminatore, per poi essere trasferito in portineria, a seguito del sinistro.

Tuttavia non ha fornito la prova che tale mutamento di mansioni abbia importato una riduzione della retribuzione percepita.

Di poi, solo in comparsa conclusionale, e dunque tardivamente, ha dedotto di essere stato licenziato per effetto delle lesioni patite a seguito del sinistro, allegando il contratto di lavoro ed alcune buste paga (anch'esse depositate del tutto tardivamente).

Peraltro dall' esame delle predette buste paga si evince come il contratto scadesse il 21.9.11 e che egli ha regolarmente percepito la retribuzione fino a tale mese, ditalché pare documentalmente smentita la tesi (tardivamente) dedotta dall' attore.

Le spese di lite, comprese quelle di CTU, seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo, con il richiesto beneficio della distrazione ex art. 93 c.p.c.

P. Q. M.

definitivamente pronunciando nella causa n. 1154/2010 R.G., ogni diversa istanza, eccezione o deduzione disattesa, così provvede:

-condanna la Vittoria Assicurazioni S.p.A. al pagamento in favore di C.P., per le causali di cui in premessa, della complessiva somma di euro 35.407,40 a titolo di danno non patrimoniale, nonché della somma di euro 896,00 a titolo di danno patrimoniale, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria con le modalità e la decorrenza di cui in motivazione;

-condanna la convenuta alla rifusione delle spese di lite sostenute dall' attore, con distrazione al difensore antistatario, spese liquidate in complessivi euro 3.800,00 oltre rimborso spese generali, iva e cap come per legge;

-spese di CTU a definitivo ed integrale carico di parte convenuta.

Brindisi, 15 aprile 2014