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Il Ministero della Salute condannato per una infezione da epatite cronica a seguito di trasfusione.

Sussiste la responsabilità del Ministero della salute, che era tenuto a controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni o per gli emoderivati fosse esente dai virus de quibus e che i donatori non presentassero alterazione delle transaminasi.

Tribunale di Lecce, avv. Pierluigi D'Antonio - Sentenza n. 2669 del 20 novembre 2012.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Lecce - prima sezione civile - in composizione monocratica - in persona del giudice onorario, avv. Pierluigi D'Antonio, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 5958 del ruolo generale dell'anno 2006, avente ad oggetto "risarcimento danni", trattenuta in decisione all'udienza del 19 aprile 2012, con assegnazione

dei tennini previsti dall'art. 190 c.p.c.;

promossa da

S.G.,

- attore -

contro

Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall' Avvocatura distrettuale dello Stato;

- convenuto -

FATTO E DIRITTO

Con atto di citazione del 17.10.2006 S.G. conveniva in giudizio dinanzi al tribunale di Lecce il Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, per sentirlo condannare al pagamento della complessiva somma di € 77.000,00 a titolo di danno non patrimoniale subito per aver contratto una epatite cronica attiva HCV, a seguito di trasfusioni di sangue alle quali eIa stata sottoposta durante un ricovero presso l'Ospedale di Galatina avvenuto dal 25.02.1982 al 06.03.1982.

Faceva presente che tale patologia era stata diagnosticata nell'anno 2005 durante un ricovero presso l'Ospedale di Galatina.

Si costituiva il Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t., che eccepiva, in via preliminare, il proprio difetto di legittimazione passiva, ed, in subordine e nel merito, l'infondatezza della domanda attorea.

La causa veniva istruita con l'acquisizione della documentazione prodotta e l'espletamento di consulenza d'ufficio medico-legale sulla persona dell'attrice.

Disposta la precisazione delle conclusioni, la causa è passata in decisione con assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e di eventuali repliche.

La domanda attorea può trovare accoglimento nei limiti appresso precisati.

Il Ministero della Sanità è certamente legittimato passivamente ex art. 2043 c.c. per un comportamento omissivo suo proprio, e cioè per non aver, colpevolmente, adempiuto ai suoi istituzionali compiti e doveri di sorveglianza, di direttiva e di autorizzazione in materia di produzione e commercializzazione del sangue e dei suoi derivati; tanto a prescindere da ulteriori eventuali responsabilità di terzi nell'attività di effettiva distribuzione e somministrazione.

Detti doveri derivano dall'art. 1 della L. 13.03.58 n. 296, istitutiva del Ministero della Sanità, che gli attribuisce il "compito di provvedere alla tutela della salute pubblica, di sovrintendere ai servizi sanitari svolti dalle amministrazioni autonome dello Stato e dagli enti pubblici, di emanare, per la tutela della salute pubblica, istruzioni obbligatorie per tutte le amministrazioni pubbliche che provvedono ai servizi sanitari.. "

La Suprema Corte di Cassazione, a sezioni unite, con la sentenza 11.01 2008, n. 581, ha affermato che "Anche prima dell'entrata in vigore della legge 107/90, contenente la disciplina per le attività trasfusionali, deve ritenersi sussistente sulla base della legislazione previgente, un obbligo di controllo, direttiva e vigilanza in materia di sangue umano a carico del Ministero della Sanità.

L'omissione da parte del Ministero di attività funzionali alla realizzazione dello scopo per il quale l'ordinamento attribuisce il potere (qui concemente la tutela della salute pubblica) lo espone a responsabililà extracontrattuale, quando, come nella fattispecie, dalla violazione del vincolo interno costituito dal dovere di vigilanza nell'interesse pubblico, il quale è strumentale ed accessorio a quel potere, siano derivate violazioni dei diritti soggettivi dei terzi".

La medesima Corte di Cassazione, con la sentenza n. 581 emessa a sezioni unite, in data 11.01.2008, ha inoltre stabilito che la responsabilità del Ministero in relazione al contagio, tramite trasfusioni, dei virus HIV, HCV, HBV, decorre: "a partire dalla data di conoscenza dell 'epatite H (la cui individuazione, costituendo un elemento fattuale. rientra nell'esclusiva competenza del giudice di merito)".

La conoscenza dell'epidemia di un'epatite virale di tipo B risale infatti ai primi anni '70; tra il 1971 ed il 1972 vennero introdotti metodi avanzati (metodo RlA: Radio Immunologic Assay) di identificazione del virus dell'epatite B.

Inoltre già negli anni 1973-1975 addirittura si accertava l'esistenza di una terza forma di epatite virale a trasmissione parenterale diversa dall'epatite A e dall'epatite B, detta pertanto NANB (Feinstone S.tranfusion associated hepatitis not due to viral hepatilis Lype A or B. n.Engl. J.Med 292:267-770. 1975).

Non vi è dubbio, pertanto, che all'epoca dei fatti (1982) vi era una consolidata conoscenza scientifica ampiamente maturata già negli anni '70.

Nessun dubbio può quindi residuare sulla responsabilità del Ministero a partire dagli anni '70-'72, in quanto, come chiaramente ribadito di recente dalla Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 17685 del 29 Agosto 2011), "in tema di patologie conseguenti ad infezione con virus Hhv (epatite B), Hiv (Aid'5) e Hcv (epatite C) contratti a causa di assunzione di emosfusioni di emoderivati con sangue infetto, non sussistono tre eventi lesivi, bensì un unico evento lesivo, cioè la lesione dell'integrità fisica in conseguenza dell'assunzione di sangue infetto; ne consegue che già a partire dalla data di conoscenza del rischio del contagio dell'epatite B, comunque risalente ad epoca precedente all'anno 1978 in cui quel virus fu definitivamente identificato in sede scientifìca, sussiste la responsabilità del Ministero della salute, che era tenuto a controllare che il sangue utilizzato per le trasfusioni o per gli emoderivati fosse esente dai virus de quihus e che i donatori non presentassero alterazione delle transaminasi"

(Nella specie, la s.e. ha cassato la sentenza impugnata che aver escluso la responsabilità del Ministero della salute per i danni provocati dal contagio dell'epatite C in occasione di trasfusioni di sangue infetto eseguite nell'anno 1973).

Pertanto il Ministero convenuto, ali' epoca delle trasfusioni subite dall'attrice (1982) era a conoscenza del virus dell'epatite B, tanto determina la responsabilità del Ministero della Salute per i danni subiti dali' attrice e richiesti nel presente giudizio.

L'espletata c.t.u. ha evidenziato la compatibilità sul piano eziologico tra la trasfusione a cuifu sottoposta l'attrice nel corso del ricovero del 1982 presso l'ospedale di Galatina e l'infezione HCV contratta dalla medesima ("Nel 1982 S.G. fu sottoposta a trafusione di 700 cc di sangue; e' possibile che in detta occasione avvenne trasmissione di infezione da virus epatite C, non potendosi escludere con certezza altre fonti di di contagio').

Il ctu ha, quindi, concluso per il riconoscimento in favore dell'attrice (di anni 33 al momento della trasfusione) di un danno biologico permanente percentualmente valutabile intorno a11'8-10%.

Questo tribunale, valutato attentamente il quadro diagnostico-terapeutico dell'attrice, ritiene che il danno biologico permanente subito dall'attrice debba essere valutato in ragione del 9 %, atteso che la predetta risulta affetta da epatite cronica di grado lieve.

Su tali premesse va valutata la richiesta risarcitoria della S., che è stata riferita al solo danno non patrimoniale subito; quest'ultimo, a sua volta, differenziato in biologico e morale.

La liquidazione del detto danno non patrimoniale deve essere effettuata con criterio equitativo ex art. 1226 c.c.

In assenza di parametri oggettivi di riferimento, questo giudice ritiene opportuno utilizzare il sistema delle liquidazioni del danno non patrimoniale derivante da lesione all'integrità psico-fisica predisposto dal tribunale di Milano, in quanto come affermato dalla stessa giurisprudenza di legittimità "Le tabelle del Tribunale di Milano per la liquidazione del danno non patrimoniale derivanle dalla lesione all'integrità psicofisica costituiscono valido e necessario criterio di riferimento ai fini della liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c. ". (Cass Civ. 9.03 12 n.3718; Cass. Civ. 16.02.12 n.2228; Cass. Civ 2212.11 n28290)

Assumendo, pertanto, come rifèrimento le suddette tabelle del tribunale di Milano, tenuto conto dell'età della vittima al momento dell'illecito (33 anni) e del danno biologico permanente quantificato nella misura del 9%, deve riconoscersi un danno biologico nella misuradi€ 18.186,00.

Quanto al danno morale (inteso quale dolore, sofferenza, patema d'animo, ecc.), la tematica della liquidazione di detto danno va affrontata tenendo presente l'evoluzione giurisprudenziale in tema di danno non patrimoniale, come sintetizzata ed approfondita dalla sentenza della corte di cassazione - sezioni unite dell' 11/11/2008, n. 26973.

Nel caso di specie, in ossequio ai principi stabiliti dalla corte di cassazione, può essere riconosciuta tale componente del danno, stante l'indubbia sofferenza dell'attrice, e deve essere quantificato in misura del 25 dell'importo riconosciuto per danno biologico; pertanto, l'attrice ha diritto al risarcimento del danno non patrimoniale nella complessiva misura di € 22.732,50.

Su tale somma, devalutata, in base agli indici Istat, al momento del fatto lesivo e progressivamente rivalutata, secondo medesimi indici, anno per anno tino alla data di pubblicazione della presente sentenza, vanno aggiunti gli interessi legali, oltre agli interessi legali sulla somma liquidata dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

Le spese della c.t.u. varmo poste definitivamente a carico del Ministero soccombente.

P,Q.M.

definitivamente pronunciando sulla domanda proposta da S.G. nei confronti del Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t., ogni altra istanza, deduzione ed eccezione disattesa, cosÌ provvede:

- accoglie la domanda attorea per quanto di ragione, e, per l'etfetto, condanna il Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t., al pagamento in favore di S.G., a titolo di danno non patrimoniale, della somma di € 22732,50, oltre interessi legali su tale somma devalutata, in base agli indici Istat, al momento del fatto lesivo e progressivamente rivalutata, secondo i medesimi indici, anno per anno fino alla data di pubblicazione della presente sentenza, nonché interessi legali sulla somma liquidata dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo;

- condanna, inoltre, il Ministero della Salute, in persona del Ministro p.t, al pagamento, in favore dello Stato (stante l'avvenuta ammissione dell'attrice al patrocinio a spese dello Stato), delle spese e competenze del presente giudizio, liquidate in 60,00 per spese vive, € 1.500,00 per diritti ed € 2100,00 per onorari, oltre accessori di legge;

- pone definitivamente a carico della parte soccombente le spese della ctu.

Lecce, 03 settembre 2012