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Il ginecologo è responsabile per la mancata diagnosi di patologie neonatali, salvo che negli esami strumentali espletati durante la gestazione non ve ne fosse traccia.

La possibilità di autodeterminarsi ad interrompere la gravidanza va valutata anche alla luce dell' esistenza di un reale danno alla salute psichica della madre.

Tribunale di Brindisi – Sezione civile, dott. Gianmarco Galiano – Sentenza n. 376 del 25 febbraio 2014.

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI BRINDISI

in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Gianmarco Galiano, ha pronunciato la seguente SENTENZA

di primo grado iscritta al R.G.C. designato, nella causa civile fra le parti:

C.D. e G.C.,     ATTORI

e

EREDI DI P.F. + 2,                                                                                                                 CONVENUTE

e

LABORATORIO S.R.L., 

TERZO CHIAMATO IN CAUSA

e

AVIVA ITALIA S.P.A.,                            TERZA CHIAMATA IN CAUSA

nonché

TORO ASSICURAZIONI S.P.A,

TERZA CHIAMATA IN CAUSA

OGGETTO: responsabilità professionale medica.

CONCLUSIONI: all' udienza di precisazione delle conclusioni del 15.10.2013, i procuratori delle parti concludevano come da verbale in atti

RAGIONI DI FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Si procede alla redazione del presente provvedimento senza soffermarsi lungamente sullo svolgimento del processo, ai sensi dell'art. 132, n. 4 c.p.c. così come novellato dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 in ossequio al disposto dell'art. 58, comma 2 di detta legge che, nel disciplinare la fase transitoria, dispone che la modifica in questione si applichi anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della legge medesima (4.07.2009).

La domanda formulata dagli attori, volta ad ottenere la condanna al risarcimento dei danni subiti, accertata la responsabilità per negligenza, imperizia e imprudenza del professionista medico ginecologo convenuto in giudizio e deceduto nel corso dello stesso, Dott. D.P.F., per aver omesso di diagnosticare nel corso della gravidanza le malformazioni della figlia, C.M.G., ed in particolare, "Sindrome di Down" e "CAV completo", a causa dei quali la piccola è stata sottoposta a successivi delicati interventi cardiochirurgici e a un continuo trattamento riabilitativo psicopedagogico oltre che logopedico, con ciò menomando la libertà di autodeterminazione in merito alla possibilità di porre in essere procedure abortive, non può essere accolta per le motivazioni di seguito esposte.

Il convenuto si costituiva in giudizio,

- contestando tutto quanto ex adverso dedotto poiché infondato in fatto ed in diritto ed eccependo in via preliminare la intervenuta prescrizione del diritto e la decadenza dell' azione di richiesta di risarcimento dei danni per essere ampiamente decorso il termine di cui all'art. 2947, comma l, c. c . ,

- invocando gli attori l'applicazione della responsabilità di cui all'art. 2043 c.c., ed evidenziando la insussistenza di una condotta gravemente colposa e del nesso di causalità tra la assunta condotta ed il danno asseritamente patito per non aver parte attrice intrattenuto un rapporto professionale continuativo e regolare con lo stesso e stante la correttezza del suo operato visto che le indagini strumentali effettuate, in ragione del tempo e rapportate ai mezzi diagnostici a disposizione, non avevano dato esiti patologici;

- in via subordinata, formulava istanza di autorizzazione alla chiamata in causa della Commercial Union Insurance S.p.A., compagnia assicuratrice per la responsabilità civile del professionista, con tutte le conseguenze di rito e di legge in ordine alla manleva in favore dello stesso, per tutte le responsabilità al medesimo ascrivibili per i fatti oggetto di giudizio ed, altresì, del Laboratorio S.R.L. di Lecce, che eseguì lo screening biochimico prenatale della Sindrome di Down con esito negativo, e nei cui confronti rivolgere le domande avanzate dagli attori in ordine alla responsabilità professionale infondatamente attribuita al Dott. D.P. concludendo per l'integrale rigetto della domanda con vittoria di spese.

Si costituiva in giudizio il Laboratorio S.R.L. di Lecce :

eccependo la intervenuta prescrizione del diritto ex art. 2947, comma 1, c.c.

e, nel merito, l'insussistenza di una condotta colposa del Laboratorio circa i fatti oggetto di causa e del nesso di causalità tra la condotta e l'asserito danno in quanto spettava al Dott. D.P. informare parte attrice dei limiti strutturali del Tri – test;

rilevava, altresì, che aveva promosso autonomo giudizio per gli stessi fatti contro la Compagnia Toro Assicurazioni in quanto titolare di una polizza assicurativa stipulata con quest'ultima.

Altresì si costituiva Aviva Italia S.p.A., già Commercial Union Insurance S.p.A., che si associava a tutte le argomentazioni proposte dal Dott. D.P. nelle sue difese e nell' ipotesi di rigetto di quelle conclusioni, chiedeva di ridurre il risarcimento dovuto per non aver il professionista adempiuto a quanto previsto dall' art. 1913 c. c. e dall' art. 9 delle condizioni generali di assicurazione, di dichiarare prescritto il diritto di garanzia del D.P. ai sensi dell' art. 2952, comma 2, c. c., ove accertato che la messa in mora del Dott. D.P. da parte degli attori fosse avvenuta oltre un anno prima della lettera 25.10.2005 dell'Avv. Giovanni Faggiano ed, in estrema ipotesi, dare atto che la compagnia era tenuta a garantire il professionista convenuta entro i limiti della polizza stipulata tra le parti.

All'udienza del 12.06.2007 veniva disposta la riunione del presente giudizio, considerata la connessione, con quello avente n.r.g. 196/2006 pendente tra il Laboratorio e la Toro Ass.ni S.p.A. ed avente ad oggetto la medesima vicenda.

La causa, oltre che con le produzioni documentali delle parti, è stata istruita mediante C.T.U. a firma del Prof. Vincenzo D/Addario con elaborato del 16.11.2011 e successiva relazione integrativa del 13.04.2011 e trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti all'udienza indicata in epigrafe.

In via preliminare, in relazione all' eccezione di prescrizione ex art. 2947 C'C'/ sollevata dal convenuto D.P. nonché dai terzi chiamati in causa, si rileva che la fattispecie oggetto del presente giudizio deve essere correttamente inquadrata nell'ambito della responsabilità contrattuale, essendo intercorso tra parte attrice e il professionista convenuto un contratto di prestazione professionale, per cui l'azione ad oggetto la responsabilità medica per inadempimento contrattuale, sub specie di difetto di informazione per omessa diagnosi, che ha impedito alla donna di scegliere di interrompere la gravidanza nei termini e nei modi previsti dalla legge / è soggetta al termine prescrizionale decennale e, di conseguenza, essendo il danno verificatosi nel 1996 e l'azione introdotta nel 2005, il suddetto termine non era ancora decorso.

Ciò posto, nel recenti arresti responsabilità di merito, giova dare conto in motivazione dei più della giurisprudenza di legittimità in tema di esercizio della professione medica per inadempimento contrattuale, con specifico riferimento al riparto dell' onere della prova di cui all'art. 2697 c. c. ed al nesso di causalità.

In più occasioni la Suprema Corte, sia a Sezioni Unite che a Sezione semplice, ed anche di recente ha avuto modo di chiarire che:

"Il paziente che alleghi di aver patito un danno alla salute in conseguenza dell'attività professionale del medico, ovvero di non avere conseguito alcun miglioramento delle proprie condizioni di salute nonostante l'intervento del medico, deve provare unicamente l'esistenza del rapporto col sanitario e l'insuccesso dell' intervento, e ciò anche quando l'intervento sia stato di speciale difficoltà, in quanto l'esonero di responsabilità di cui all'art. 2236 cod. civ. non incide sui criteri di riparto dell'onere della prova. Costituisce, invece, onere del medico, per evitare la condanna in sede risarcitoria, provare che l'insuccesso dell'intervento è dipeso da fattori indipendenti dalla propria volontà e tale prova va fornita dimostrando di aver osservato nell'esecuzione della prestazione sanitaria la diligenza normalmente esigibile da un medico in possesso del medesimo grado di specializzazione" (si veda Cass . civ., S.U., n. 577 dell'11.1.2008; Cass. civ., III sez., n. 24791 dell'08.10.2008) .

Orbene nella presente controversia, l'attrice ha adempiuto ai propri oneri di prova dell'esistenza del contratto di prestazione professionale con 1o specialista convenuto Dott. D.P.(producendo, nonostante parte convenuta abbia negato che si trattasse di un rapporto d'opera professionale continuativo, la certificazione a firma del Dott. D.P. del 06.11.1995 dove risultano i successivi controlli effettuati nonché ~ rilievi ecografici dal primo eseguiti: cfr. all. nn. 3 e 4 fascicolo attoreo), dei danni subiti dalla piccola C. (allegando la documentazione medica da cui emergono le patologie da cui è affetta la figlia: cfr. all. nn. 6-17 fascicolo attoreo) ed allegando la condotta omissiva (ovvero negligente ed imperita) del convenuto per la probabile erroneità delle indagini diagnostiche effettuate; tuttavia è risultato che nell'esecuzione della diagnosi prenatale il medico convenuto si sia attenuto alle leges artis della sua professione, ai sensi dell'art. 1176, comma 2, c.c., e che non sia sussistente un nesso di causalità tra le patologie lamentate dalla figlia degli attori e la condotta posta in essere dal professionista sulla base delle cognizioni della scienza medica allora vigenti.

Invero dall'esame della documentazione prodotta in giudizio (cfr . 5 fascicolo attoreo), con riferimento alla Sindrome di Down, diagnosticata successivamente al momento della nascita alla piccola C.M.G., emerge che lo screening biochimico prenatale (TRI-test) eseguito da parte attrice, su richiesta del medico convenuto, sebbene risultato con esito negativo, era in grado di individuare feti affetti da Sindrome di Down con una sensibilità del 70 % (come avvalorato, altresì, dalla consulenza tecnica d'ufficio) e tale puntualizzazione era espressamente indicata nel suddetto referto.

Anche per la patologia cardiaca, le conclusioni espresse del C.T.U., Prof. D'Addario, nell'elaborato del 16.11.2011 e nella relazione integrativa del 13/04/ 2011, (pur dando atto di quanto controdedotto dai C.C.T.T.P.P. di parte attrice, Prof. Di Naro e Dott. Curci, in relazione al fatto che le refertazioni delle ecografie eseguite dal Dott. D.P. erano povere di dati anche per quello che riguarda la biometria del feto e del dato che all'epoca dei fatti le interruzioni di gravidanza si eseguivano fino alla 24/a settimana) e condivise da questo Giudicante, hanno confermato che:

"Al momento della gestazione della Sig.ra G.L. (novembre 1995-giugno 1996) non esistevano Linee Guida Italiane che offrissero suggerimenti sulla modalità di esecuzione della ecografia in gravidanza;... che la patologia cardiaca poteva essere sospettata con una sensibilità del 53-56 % ed infine laddove sospettata i tempi tecnici per ulteriori indagini diagnostiche avrebbero fatto arrivare la gravidanza ad un' epoca gestazionale in cui era possibile la possibilità di vita autonoma del feto; che i coniugi C.- G. avrebbero avuto la possibilità di autodeterminarsi ad interrompere la gravidanza solo sulla base della diagnosi ecografica di una patologia cardiaca compatibile con la vita, passibile di trattamento cardochirurgico con buoni risultati senza sapere se fosse associata o meno la Sindrome di Down e in considerazione di quanto previsto dall'art. 6 della legge 194 la possibilità di interrompere la gravidanza era subordinata alla dimostrazione dell' esistenza di un reale danno alla salute psichica della madre, dal momento che non esistevano rischi per la salute fisica né per la vita della donna”.

Tutto quanto sino ad ora esposto legittima dunque il rigetto della domanda attorea e, di conseguenza, tale statuizione assorbe l'esame dell'eccezione ex art. 2952 c.c. sollevata dalla Compagnia Aviva chiamata in garanzia dal convenuto D.P.

La delicatezza delle questioni trattate e la natura della controversia giustificano la compensazione delle spese di lite (cfr. Cass., 9 settembre 1974, n. 2444; Cass., 5 maggio 1999, n. 4455), mentre quelle di C.T.U. medico-legale vengono poste a carico degli attori in solido nella misura già liquidata in corso di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede:

• rigetta la domanda proposta dagli attori;

• compensa le spese di lite;

• pone definitivamente a carico degli attori in solido le spese della C.T.U. medico-legale, nella misura già liquidata in corso di causa.

Così deciso in Brindisi, lì 17.02.2014