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Il danneggiato da emotrasfusione deve necessariamente fornire la prova del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore.

Al fine di accertare la responsabilità dell'Asl nelle ipotesi di emotrasfusioni, è necessario non solo che il creditore che agisca per l'adempimento provi la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, gravando sul debitore convenuto l'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (Cass. SS.UU. n. 13533/200l). Il danneggiato dovrà altresì fornire la prova dell'esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore.

Tribunale di Lecce – Prima sezione civile, dott. Maurizio Rubino – Sentenza n. 2111 del 23 aprile 2015

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TRIBUNALE DI LECCE

Sentenza emessa ex art. 281 sexies c.p.c.

Repubblica Italiana

In Nome del Popolo Italiano

Il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica in persona del Giudice dott. Maurizio Rubino, ha emesso, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 6079/2012 R.G., avente ad oggetto domanda di risarcimento danni da emotrasfusioni e promossa                                                                     DA

M.M.A., rappresentata e difesa giusta procura in atti dall'avv. Mario Lazzari                                         ATTRICE

CONTRO

GESTIONE LIQUIDATORIA DELLA EX USL LE/8, in persona del Direttore Generale p.t., rappresentato e difeso ex lege dall'avv. Maria Cristina Basurto                                                                                        CONVENUTA

All'odierna udienza le parti costituite precisavano le proprie conclusioni come da relativo verbale, in atti, il cui contenuto deve intendersi qui interamente richiamato.

*******

MOTIVAZIONE

M.M.A., premettendo di essere stata sottoposta ad un'emotrasfusione presso il Presidio Ospedaliero Civile di S., allorquando vi fu ricoverata nel marzo del 1979, per "calcolosi al rene sinistro", ha esposto di aver appreso, in data 3.6.2004, di aver contratto l'epatite B.

Per tale ragione, ritenendo di aver contratto la predetta patologia a seguito dell'emotrasfusione cui venne sottoposta presso il citato nosocomio, ha convenuto in giudizio la Gestione Liquidatoria della ex USL LE/8 affinché fosse condannata al risarcimento dei danni che costei assume di aver subito.

In limine va ribadita l'inammissibilità della richiesta di prova testimoniale formulata dall'attrice per avere costei omesso di indicare il nominativo delle persone da interrogare prima della scadenza del secondo termine assegnato alle parti ai sensi dell'art. 244 c.p.c.

Questo Giudice, infatti, non condivide l'opinione anche recentemente espressa dalla Suprema Corte, secondo cui "in tema di prova per testimoni, le nullità previste dall'art. 244 cod. proc. civ. tutelano l'interesse privato delle parli al corretto svolgimento del processo e non già l'ordine pubblico processuale, sicché non possono essere rilevate d'ufficio dal giudice, né dedotte nei successivi gradi di giudizio dalla parte che, anche implicitamente, abbia fatto acquiescenza alla assunzione del mezzo istruttorio" (Cass. n. 21395/2014).

Ritiene, infatti, il giudicante, che il suddetto principio possa, al più, ritenersi valido nei casi in cui l'indicazione delle generalità del teste sia inesatta od incompleta.

Ciò in quanto, come chiarito dal Giudice di legittimità, "la regola di cui all'art. 244 cod. proc. civ .. la quale stabilisce che la prova per testimoni deve essere dedotta mediante indicazione specifica delle persone da interrogare (e dei fatti. formulati in articoli separati. sui quali ciascuna deve essere interrogata). va coordinata con il principio della nullità a rilevanza variabile enucleabile dall'art. 156. secondo comma, cod. proc. civ .. in base al quale la nullità può essere pronunciata solo quando l'alto manchi dei requisiti di forma-contenuto indispensabili al raggiungimento dello scopo, cosicché. pur dovendo il teste essere indicato in maniera sufficientemente determinata o comunque determinabile. un'imperfetta o incompleta designazione dei relativi elementi identificativi (nella specie. del nome del testimone) è idonea ad arrecare un "vulnus" alla difesa e al contraddittorio solo se provochi in concreto la citazione e l'assunzione di un soggetto realmente diverso da quello previamente indicato, cosi da spiazzare l'aspettativa della controparte" (Cass. n. 26058/2013).

Allorquando, viceversa, la parte abbia del tutto omesso, prima del decorso del predetto termine, di indicare il nominativo delle persone da interrogare, ritiene, il giudicante, che, come in altre occasioni affermato dai giudici di Palazzo Cavour, il giudice di merito abbia "il potere ­dovere di rilevare i casi di inammissibilità della prova (nella specie, per mancata indicazione delle persone che la parte intende escutere sui capitoli formulati), indipendentemente dall’istanza della parte interessata, fin quando la prova non abbia avuto concreto inizio.

Ed infatti, l'art. 184 cod. proc. Civ. nello stabilire che il giudice ammette i mezzi di prova se ritiene che siano ammissibili e rilevanti. gli attribuisce un potere ufficioso di sindacare l'ammissibilità delle stesse" (Cass. n.2935/1998).

Ciò in quanto "qualora la parte, nel richiedere la prova testimoniale, non abbia indicato i nominativi dei testimoni da escutere ( ... ) la prova deve essere dichiarata inammissibile, anche d'ufficio, per violazione di un precetto di carattere processuale attinente alla regolarità del contraddittorio" (Cass. n. 27007/2005),

Invero, come chiarito dalla stessa Corte di Cassazione in epoca assai recente, il principio del contraddittorio è sancito da una norma di ordine pubblico di rango costituzionale, e, come tale, rappresenta un principio cardine del processo (cfr. Cass. n. 17099/2013), sicché non appare condivisibile la diversa opinione, innanzi menzionata, secondo cui la sua violazione (quale quella che consegue alla mancata indicazione del nominativo delle persone da interrogare nel termine all'uopo assegnato) leda unicamente l'interesse privato delle parti al corretto svolgimento del processo e non già l'ordine pubblico processuale.

Nel merito, la domanda attorea va rigettata.

Invero, l'ente convenuto non può essere ritenuto responsabile a titolo extracontrattuale, non avendo la M. fornito la prova della sussistenza di tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito ed, in particolare, la condotta omissiva colposa ascrivibile al medesimo.

Ma non può essere affermata la responsabilità della convenuta neppure a titolo contrattuale.

È vero, infatti, che nell’ipotesi in cui venga dedotta una responsabilità contrattuale del convenuto, il creditore che agisca per l'adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento (Cass. SS.UU. n. 13533/200l).

Ciò nondimeno, è anche vero che nell'ipotesi di responsabilità contrattuale, così come in quella di responsabilità extracontrattuale, spetta al danneggiato fornire la prova dell'esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore.

Ebbene, non si comprende come possa la M. allegare l'inadempimento, ovverosia l'omissione dei necessari controlli che avrebbero consentito alla convenuta di appurare che il plasma che le venne trasfuso era infetto, senza aver ex ante fornito la prova della circostanza che, effettivamente, ella venne sottoposta ad una emotrasfusione, ovverosia senza fornire la prova del fatto costitutivo su cui si fonda la sua domanda di risarcimento dei danni.

Sarebbe come fondare una domanda di risarcimento danni per colpa medica allegando l'esito infausto dell'intervento senza fornire la prova non già della negligenza, imprudenza od imperizia, non gravante sull'attore, ma quanto meno che un intervento vi sia stato, non potendo tale circostanza ritenersi dimostrata per il solo fatto che sia stata fornita la prova del contatto sociale, instauratosi ad esempio per un ricovero per accertamenti diagnostici.

Invero, dalla cartella clinica prodotta in atti dall'attrice non risulta l'avvenuta trasfusione di sangue alla quale costei afferma di essere stata sottoposta in occasione del suo ricovero, come hanno, d'altronde, rilevato sia la Commissione Medica Ospedaliera di Taranto - che non ha accolto la domanda presentata dalla M. ai sensi dell'art. 3 della L. n. 210/92 -, sia l'Ufficio Medico­ legale del Ministero della Salute, che ha rigettato il ricorso proposto dall'attrice avverso giudizio espresso dalla C.M.O. avendo rilevato "l'assenza di documentazione sanitaria che comprovi l'effettuazione di terapia trasfusionale e/o con emoderivati",

Il fatto, poi, che nella cartella clinica si legga: "Donatore provetta n. 23672 Gruppo A Neg. Prove incrociate compatibili", non vale a provare che la trasfusione di sangue per la quale era stata reperita la relativa sacca sia stata, poi, effettivamente praticata all'attrice.

Tra l'altro, la C.M.O., nel verbale con il quale non ha accolto la domanda di indennizzo presentata dalla M., ha evidenziato che il Ministero della Salute, nelle sue determinazioni interpretative della legge n. 210/92, in merito alla documentazione da produrre, cita testualmente: " ( ... ) La sola presenza di una richiesta di sangue o emoderivati in cartella senza prova di avvenuta trasfusione non può essere considerata una prova valida e certa ( ... )".

Pertanto, poiché la domanda di risarcimento danni proposta dalla M. nei confronti della convenuta muove dalla premessa che essa avrebbe contratto l'epatite B a seguito dell'emotrasfusione cui venne sottoposta presso il citato nosocomio, è evidente che sulla stessa incombeva quanto meno l'onere di provare di essere stata effettivamente sottoposta a trasfusione di sangue, presso il predetto Ospedale, sicché in assenza di tale prova la suddetta domanda va senz'altro rigettata.

Né la prova del fatto costitutivo della pretesa attorea avrebbe potuto essere fornita, come richiesto dall'attrice, attraverso l'espletamento di consulenza tecnica d'ufficio, consistente nel domandare all'ausiliario se l'esecuzione dell’intervento cui l'attrice venne sottoposta implichi imprescindibilmente l'esecuzione di un'emotrasfusione, con la conseguente probabilità di contrarre il virus HBV.

Come noto, infatti, "in relazione alla finalità propria della consulenza tecnica d'ufficio, di aiutare il giudice nella valutazione degli elementi acquisiti o nella soluzione di questioni che comportino specifiche conoscenze, il suddetto mezzo di indagine non può essere disposto al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negato dal giudice qualora la parte tenda con esso a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni, od offerte dì prova, ovvero a compiere un 'indagine esplorativa alla ricerca di elementi, fatti o circostanze non provati" (Cass. n. 3374/2008).

D'altronde l'attrice, che asserisce che la documentazione dalla quale risulta che la stessa si è sottoposta alla suddetta trasfusione di sangue sarebbe stata smarrita. non ha neppure fornito la prova che tale documentazione sia mai esistita.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, in composizione monocratica in persona del Giudice dott. Maurizio Rubino, definitivamente decidendo nella causa iscritta al n. 6079/2012 R.G., così provvede:

rigetta la domanda attorea;

condanna l'attrice alla rifusione delle spese di lite sostenute dalla convenuta, che liquida in € 5.534,00 per competenze, oltre accessori come per legge.

Così deciso, in Lecce, in data 23 aprile 2015.